Regolamentazione Bitcoin: come viene valutato nei diversi paesi?

La regolamentazione Bitcoin è ancora lacunosa, con profonde differenze tra Usa, UE e Cina. Vieni a scoprire insieme a me tutte le differenze!

Negli ultimi anni Bitcoin e le criptovalute in generale stanno suscitando sempre più interesse.

La regolamentazione Bitcoin è però ancora molto lacunosa, con forti differenze non solo tra USA e UE ma anche all’interno degli Stati europei.

In questo articolo ti propongo una disanima della normativa attuale, andando ad osservare come i singoli Stati trattano il tema delle criptovalute e del Bitcoin in particolare.

Regolamentazione Bitcoin

L’incertezza normativa sulla quale versa non solo Bitcoin, ma tutto il contesto relativo le criptovalute, risulta uno dei maggiori ostacoli verso l’adozione istituzionale delle criptovalute.

Infatti, allo stato attuale non vi è una regolamentazione globale riguardo le valute digitali ed ogni legislatore nazionale o comunitario ha cercato, negli ultimi anni, di dare una definizione di tali strumenti senza però giungere ad un accordo univoco.

Inoltre, Bitcoin è estremamente differente dalle valute digitali della Banca Centrale (CBDC), moneta digitale indissolubilmente legata alla Banca Centrale che la emette.

Esse risultano ancora in una fase esplorativa e sperimentale da parte di diverse Banche Centrali a livello mondiale, ma la grande differenza con Bitcoin è che vi è una Banca Centrale che funge da garante.

Stati Uniti

Gli aspetti regolamentari negli Stati Uniti riguardo le criptovalute possono essere osservati grazie alle sentenze emesse dai vari tribunali nei 50 Stati, poiché non vi è ancora una normativa sancita appositamente per le valute digitali del policy maker statunitense.

Una delle più significative è il caso SEC vs. Howey del 1946.

Infatti, in questa sentenza viene chiarito che qualsiasi strumento finanziario per qualificarsi come investimento è necessario che soddisfi i seguenti requisiti:

  • è un investimento di denaro;
  • c’è un’aspettativa di profitti dall’investimento;
  • l’investimento di denaro è in una società;
  • qualsiasi profitto deriva dagli sforzi di un promotore o di una terza parte.

Nel caso in cui tutti i criteri del test risultino soddisfatti, si parla di un contratto di investimento.

È di estrema importanza chiarire il fatto che se Bitcoin può rientrare in questa definizione, non vuol dire che lo siano anche per tutte le altre criptovalute, poiché esistono diverse tipologie di token che rientrano nella definizione di criptovalute ma che non soddisfano i requisiti del test di Howey.

Unione Europea

All’interno della normativa UE, le criptovalute non possono essere considerate come:

  • moneta elettronica
  • fondi
  • depositi o altri fondi rimborsabili
  • strumenti a spendibilità limitata
  • valute di gioco
  • monete locali o complementari

L’European Banking Authority (EBA) ha definito le valute digitali come

una rappresentazione digitale del valore che non è emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica né necessariamente collegata a una moneta fiat, ma è accettata da persone fisiche o giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, conservata o negoziata elettronicamente”.

La regolamentazione Bitcoin è ancora molto lacunosa, infatti gli Stati membri cercano di adottare delle specifiche norme nell’attesa di una legislazione comune.

In Germania, l’autorità BaFin, nel recepire la MiFID, ha incluso le “unità di conto” tra gli “strumenti finanziari”. Ciò ha permesso agli exchange di operare con una licenza, poiché il trading di “unità di conto” è attività riservata.

In Francia, le autorità competenti considerano le criptovalute allo stesso modo di un contratto privato tra le parti, escludendo quindi che siano comprese all’interno della categoria relativa a strumento finanziario o strumento di pagamento.

In Italia, il legislatore ha riconosciuto all’interno della definizione di “altri operatori non finanziari” gli operatori in “valute virtuali”, specificandola come “persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale, servizi funzionali all’utilizzo, allo scambio, alla conservazione di “valuta virtuale” e alla loro conversione da ovvero in valute aventi corso legale”.

Tali operatori, dopo che i relativi decreti attuativi siano approvati, sono obbligati a darne comunicazione al MEF e ad iscriversi all’Organismo degli Agenti e dei Mediatori (OAM).

Per quanto ne concerne l’attività svolta dagli operatori in valute virtuali, essa si limita allo “svolgimento dell’attività di conversione di “valute virtuali” da ovvero in valute aventi corso forzoso”.

Resto del mondo

Nei Paesi in via di sviluppo l’utilizzo di criptovalute e stablecoin rappresenta l’unica maniera per trasferire valuta da/per l’estero a costi accessibili e senza incorrere in severe limitazioni da parte delle autorità monetarie.

Infatti, in Venezuela o in Argentina le valute digitali consentono di proteggere (per quanto in maniera rischiosa ed imperfetta) il valore del risparmio dagli elevatissimi tassi di inflazione e svalutazione della divisa domestica.

In molte economie caratterizzate da questo utilizzo delle valute digitali si tende ad osservare un approccio molto rigido da parte dei regolatori, orientati ad estendere ai nuovi strumenti i regimi di controllo dei movimenti di capitali.

Al contrario, nelle economie avanzate si osserva una rapida integrazione delle valute digitali all’interno del corpo normativo esistente.

Il Giappone, grazie al Payment Services Act (PSA), ha riconosciuto le criptovalute come mezzi di pagamento, definiti come “strumenti per trasferire, attraverso mezzi elettronici, valori proprietari usati come mezzo di pagamento o di scambio tra le parti, oppure nello scambio con altre valute virtuali”.

In Cina, se in un primo momento la mancanza di qualsiasi regolamentazione ha aiutato il paese a diventare uno dei primi ad adottare la tecnologia blockchain, successivamente, spaventata dall’enorme fuga di capitali dal paese attraverso Bitcoin, ha imposto improvvise e severe norme sul commercio delle criptovalute.

Sta di fatto che la Cina ha già introdotto la sua CBDC (Central Bank Digital Currencies), lo yuan digitale.

L’Australia ha raggiunto un equilibrio benefico nel modo in cui riesce a gestire sia la tecnologia blockchain che le criptovalute speculative. Il governo australiano si è limitato ad etichettare Bitcoin come “denaro”, così da essere in grado di tassare coloro che lo usano a fini commerciali.

Regolamentazione Bitcoin
Regolamentazione Bitcoin: mappa globale. Fonte: ilsole24ore

La figura ti mostra come ci siano ancora profonde differenze sulla visione di Bitcoin.

I Paesi sviluppati con una regolamentazione morbida si contrappongono a Paesi con una regolamentazione rigida con divieti parziali o stringenti.

Regolamentazione Bitcoin: considerazioni finali

La regolamentazione Bitcoin è ancora lontana dal raggiungere un volto comune, anche se, negli ultimi anni l’interesse dei policy maker è aumentato a tal punto che il 2023 può essere un anno di svolta.

Infatti, Ashley Alder, Presidente dell’International Organization of Securities Commissions (IOSCO), avrebbe affermato la necessità di creare un organismo congiunto dedicato alla regolamentazione delle critpovalute entro il prossimo anno.

In ogni caso, data la complessità della materia, per capirne a fondo tutte le sfaccettature della situazione è bene rivolgersi ad un team di esperti.

Per questo, il team di Athena SCF è a tua disposizione per rispondere a tutti i tuoi dubbi riguardo la regolamentazione Bitcoin ed il tuo caso specifico!

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