Un ETN per coprire il cambio EUR/USD? Ecco cosa sapere

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Un nostro lettore ci chiede: “Seguo da tempo il vostro blog e apprezzo molto i vostri contenuti. Vi scrivo per chiedere un chiarimento: ho un portafoglio con diverse azioni USA (es. Pfe, O, Cvx, Coin, Mstr, Mara Nvidia, Berkshire. MSTR è chiaramente merito di Filippo 😉 ) e vorrei capire se esiste un ETF – senza leva – che possa aiutare a coprire almeno in parte il rischio cambio euro/dollaro. Non mi interessa un classico ETF hedged sull’S&P 500, ma qualcosa che possa funzionare come copertura valutaria generale per le singole azioni già in portafoglio. Ho visto ad esempio strumenti come il WisdomTree Short USD Long EUR (ISIN JE00B3SBYQ91): potrebbe avere senso usarlo in questo contesto?”

È una domanda che riceviamo spesso, e che tocca un tema importante ma raramente affrontato con la dovuta attenzione: come coprire in modo efficace il rischio cambio su un portafoglio azionario USA.

Soprattutto quando si investe direttamente in titoli denominati in dollari, il rischio valutario può impattare sensibilmente i rendimenti – nel bene e nel male.

ETN per comprire rischio cambio

Uno strumento che alcuni investitori valutano per gestire il rischio cambio su azioni USA è il WisdomTree Short USD Long EUR ETN (ISIN JE00B3SBYQ91).

Si tratta di un ETN lineare, senza leva, che replica l’andamento del cambio EUR/USD: guadagna quando l’euro si apprezza rispetto al dollaro.

Come funziona?

Il prodotto è pensato per assumere una posizione lunga sull’euro e corta sul dollaro, senza effetti di leva finanziaria.


Ha un costo annuo che potrebbe sembrare contenuto, pari allo 0,39%, ed è quotato su più borse europee (tra cui Xetra). È quindi facilmente accessibile anche agli investitori retail. A questo costo però va aggiunto lo spread denaro/lettera, che può variare ma in media si attesta intorno allo 0,5–0,6%: un costo implicito che può pesare soprattutto in caso di operazioni frequenti o su orizzonti brevi.

È uno strumento di copertura?

Non esattamente.

Anche se può ridurre l’impatto del cambio sul portafoglio, questo ETN non è nato per coprire un’esposizione valutaria legata ad azioni. Si tratta in realtà di uno strumento pensato per esprimere una view tattica sul cambio: nello specifico, puntare sull’apprezzamento dell’euro contro il dollaro.

I limiti principali nell’uso come copertura

  • Richiede un’esposizione speculare al portafoglio USA: Per ottenere una copertura completa, l’investitore dovrebbe destinare a questo ETN un controvalore pari a quello investito in azioni USA. Se il portafoglio americano vale 100, andrebbero investiti altri 100 in questo strumento. Questo rende la copertura inefficiente in termini di capitale.
  • Performance globali ridotte: L’effetto combinato tra azioni USA e ETN valutario porta a un risultato “neutro” sul cambio, ma al prezzo di dimezzare l’esposizione azionaria netta, con conseguente compressione dei rendimenti attesi.
  • Necessità di ribilanciamento continuo: Poiché il valore del portafoglio USA cambia nel tempo, anche la quota investita nell’ETN dovrebbe essere periodicamente aggiornata per mantenere l’equilibrio. Una gestione poco pratica e dispendiosa in termini operativi.
  • Nessun allineamento con la volatilità azionaria: L’ETN copre il cambio, ma non è correlato ai movimenti delle azioni sottostanti. In caso di forti oscillazioni nei titoli tecnologici, ad esempio, il rischio di sbilanciamento aumenta.
  • Costi complessivi non trascurabili: Il TER dello strumento è pari allo 0,39% annuo, a cui si aggiunge uno spread denaro/lettera medio che può aggirarsi tra lo 0,5% e lo 0,6%. Considerando entrambi gli elementi, il costo totale effettivo per mantenere la posizione può arrivare intorno all’1%, rappresentando un onere significativo soprattutto in un’ottica di lungo periodo. Questo aspetto contribuisce ulteriormente a rendere la copertura inefficiente rispetto ai benefici attesi.
  • Unico vantaggio fiscale: Essendo un ETN, può essere utile per compensare minusvalenze pregresse all’interno del regime fiscale italiano. Tuttavia, si tratta di un beneficio secondario, che da solo non giustifica l’uso dello strumento come copertura valutaria stabile.

Il WisdomTree Short USD Long EUR può sembrare una soluzione semplice per ridurre il rischio cambio su un portafoglio in dollari, ma in realtà non rappresenta una copertura efficace né efficiente.

Al contrario, si tratta di una posizione tattica, utile solo se si ha una convinzione direzionale forte sull’andamento dell’euro contro il dollaro.

Chi cerca una copertura più robusta o strutturata dovrebbe valutare strumenti diversi, che vedremo nel prossimo capitolo.

Come coprire il rischio cambio

Dopo aver visto perché strumenti come l’ETN WisdomTree Short USD Long EUR non rappresentano una vera copertura valutaria idonea, viene naturale chiedersi: esiste un modo efficace per proteggere un portafoglio azionario USA dal rischio euro/dollaro?

La risposta è sì, ma richiede una distinzione tra copertura professionale e soluzioni accessibili al risparmiatore retail. Vediamole in ordine.

3.1 – Derivati valutari: la copertura professionale

La copertura valutaria più precisa ed efficace si ottiene tramite derivati come:

  • Forward su EUR/USD (contratti a termine)
  • Futures valutari
  • Opzioni su valute

Questi strumenti permettono di bloccare un cambio prefissato per una certa scadenza, replicando con esattezza l’esposizione da coprire. Si tratta di strumenti largamente utilizzati da gestori istituzionali, fondi e aziende internazionali.

Vantaggi:

  • Massima precisione nella copertura.
  • Personalizzazione su misura (importo, durata, controparte).
  • Costi contenuti per grandi portafogli.

Svantaggi:

  • Complessità operativa.
  • Non accessibili al retail medio (necessaria operatività su mercati derivati).
  • Richiedono monitoraggio continuo.

3.2 – ETF equity hedged: copertura automatica per chi investe su indici

Per chi investe tramite ETF su indici USA (come S&P 500, Nasdaq 100, MSCI USA), esistono versioni hedged in euro, cioè con copertura incorporata contro il rischio cambio.

Questi ETF utilizzano contratti forward interni per neutralizzare le variazioni EUR/USD.

Esempi:

  • iShares S&P 500 EUR Hedged (IE00B3ZW0K18)
  • Xtrackers MSCI USA Hedged EUR (LU0274208672)

Vantaggi:

  • Nessuna operatività tecnica richiesta: la copertura è già inclusa.
  • Ribilanciamento automatico.
  • Disponibili su Borsa Italiana.

Svantaggi:

  • Validi solo per chi investe tramite ETF sugli indici, non su singole azioni.
  • Costi leggermente più alti rispetto alle versioni non hedged.
  • La copertura si riferisce all’indice, non a un portafoglio personalizzato.

3.3 – Esposizione naturale: bilanciare il portafoglio con asset in euro

Un’alternativa indiretta alla copertura è la cosiddetta copertura naturale, ovvero bilanciare l’esposizione valutaria globale del portafoglio inserendo:

  • azioni europee o globali denominate in euro,
  • obbligazioni in euro,
  • ETF domiciliati in euro con sottostanti europei.

Vantaggi:

  • Nessun costo di copertura.
  • Nessuna complessità operativa.
  • Riduce gradualmente la dipendenza dal dollaro.

Svantaggi:

  • Non elimina del tutto l’esposizione valutaria.
  • Comporta modifiche strutturali all’asset allocation.
  • Potrebbe allontanare il portafoglio dall’obiettivo strategico (es. sovrappeso USA).

3.4 – Strumenti alternativi: fondi multi-asset con overlay valutario

Esistono alcuni fondi bilanciati o multi-asset globali che includono in portafoglio meccanismi interni di copertura valutaria (currency overlay).

Non si tratta di strumenti puramente azionari, ma possono essere utili per chi cerca una gestione completa che include anche la parte valutaria.

Esempi: alcuni fondi gestiti attivamente da case come PIMCO, Nordea, J.P. Morgan, ecc.

Vantaggi:

  • Gestione professionale.
  • Copertura valutaria automatizzata in base a modelli.
  • Soluzione “chiavi in mano”.

Svantaggi:

  • Costi più elevati (gestione attiva).
  • Scarsa trasparenza sui meccanismi di copertura.
  • Non sempre coerenti con una strategia d’investimento personalizzata.

Ha davvero senso coprire il rischio cambio?

Dopo aver visto come si può coprire il rischio cambio, è lecito chiedersi se sia davvero necessario farlo. La risposta dipende da diversi fattori, in particolare dall’orizzonte temporale, dal profilo di rischio dell’investitore e dalla struttura dei costi.

Nel breve termine, le variazioni del cambio euro/dollaro possono incidere sensibilmente sui rendimenti di un portafoglio esposto agli Stati Uniti. In certi momenti, un indebolimento dell’euro può amplificare i guadagni, mentre un suo rafforzamento può annullare parte delle performance delle azioni USA. Per questo motivo, chi investe con una prospettiva di pochi mesi o pochi anni potrebbe valutare una copertura tattica.

Tuttavia, quando si parla di investimenti azionari con orizzonte lungo – dieci anni o più – il rischio cambio tende a ridursi nel tempo. In molti casi, le oscillazioni valutarie si compensano, mentre a guidare i risultati sono le performance delle singole aziende. Se si è investiti su titoli come Apple, Microsoft o Nvidia, l’elemento dominante resta l’andamento del business, non quello del cambio.

Anche il profilo di rischio conta. Per un investitore con bassa tolleranza alla volatilità o con un obiettivo futuro espresso in euro (ad esempio, l’acquisto di un immobile), una copertura valutaria può offrire maggiore prevedibilità. Ma nel caso di un investitore con un profilo di rischio elevato, che accetta oscillazioni di mercato e investe per obiettivi di lungo periodo, coprire sistematicamente il rischio cambio potrebbe essere incoerente e persino controproducente.

Infine, c’è il tema dei costi. Qualunque forma di copertura – che sia tramite ETF hedged, derivati o strumenti alternativi – comporta oneri più o meno evidenti. E questi costi, anno dopo anno, riducono il rendimento netto. Se la copertura non è perfetta o non viene mantenuta in modo rigoroso, si rischia di pagarla senza ottenere reali benefici.

Per tutte queste ragioni, nella maggior parte dei casi la copertura valutaria non è necessaria. Anzi, l’esposizione al dollaro può rappresentare una componente utile del portafoglio, una forma di diversificazione geografica e valutaria che, sul lungo periodo, può anche contribuire a migliorare il profilo rischio/rendimento complessivo.

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