Rating Italia: cosa succede ai BTP in caso di declassamento?

Cosa succede ai BTP se il rating dell'Italia viene declassato? I Titoli di Stato perderebbero di valore? Gli ETF venderebbero le obbligazioni?

Il 10 novembre e il 17 novembre 2023 FItch e Moody’s, due delle principali agenzie di rating a livello globale, aggiorneranno il rating dell’Italia.

Il 20 ottobre il nostro paese ha passato l’esame dell’agenzia di rating S&P, la quale ha lasciato invariato il rating a BBB con outlook stabile.

Cerchiamo di valutare però la situazione dell’Italia in questo momento.

Qual è il rating dell’Italia?

Il rating dell’Italia è:

  • S&P (39% quota di mercato) e Fitch (16% quota di mercato) hanno assegnato all’Italia un rating BBB con outlook stabile 
  • Moody’s (40% quota di mercato) ha assegnato all’Italia un rating Baa3 con outlook negativo

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Tutte e tre le agenzie di rating ritengono l’Italia un paese investment grade ma Moody’s il prossimo 17 novembre rischia di farci declassare a speculative grade se dovesse abbassare di uno gradino il nostro rating, visto che non c’è più margine con l’outlook.

I titoli speculative grade sono anche chiamati titoli spazzatura o ad alto rischio e alto rendimento perché presentano un rischio insolvenza elevato:

  • il gruppo BB ha una probabilità di default entro un anno che varia dal 0,50% all’1,20%;
  • il gruppo B ha una probabilità di default entro un anno che varia dal 2,10% all’8,80%.

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Cosa succederebbe se l’Italia venisse declassata da parte di Moody’s a speculative grade e diventasse un junk bond?

Gli investimenti in Titoli di Stato Italiani perderebbero di valore?

Cosa succederebbe all’interno dei fondi di investimento per esempio gli ETF? Le obbligazioni italiane verrebbero vendute?

Cerchiamo di rispondere con ordine a queste domande.

Cosa succederebbe se l’Italia venisse declassata da parte di Moody’s a speculative grade e diventasse un junk bond?

Il primo contraccolpo verrebbe assorbito dallo spread BTP/BUND che oggi si attesta attorno a 180-190 punti punti ma che potrebbe superare i 300 punti.

Lo spread misura la differenza di rendimento dei titoli di stato italiani e tedeschi a 10 anni.

Quindi in altre parole misura il differenziale di rischio tra comprare debito dell’Italia rispetto a comprare debito della Germania.

Attualmente il rendimento di un titolo di stato tedesco a 10 anni rende il 2,76% mentre il rendimento di un titolo di stato italiano rende il 4,63%.

La differenza si traduce in un rendimento del 1,87% quindi di uno spread tra 180 e 190 punti base.

L’aumento dello spread sopra 300 significherebbe aumentare il rendimento dell’Italia ad un 7,50%-8,00%.

Fidatevi che non è una bella cosa raggiungere tali rendimenti perché il rischio associato aumenterebbe di conseguenza rendendo il debito italiano molto pericoloso agli occhi degli investitori.

Di seguito vediamo i 3 pericoli che potrebbero portare Moody’s ad abbassare il rating dell’Italia:

  • rischi legati all’attuazione delle politiche che potrebbero aumentare il potenziale di crescita causati da ulteriori ritardi nei progetti di investimento per esempio quelli facenti parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr);
  • rischi sulle forniture energetiche che indeboliscono le prospettive economiche anche se il rischio di scarsità energetiche è diminuito;
  • rischi sull’indebolimento della forza fiscale causati da una crescita economica più debole o da costi di finanziamento più elevati.

Cerchiamo ora di tradurre in numeri i principali indicatori economici dell’Italia:

  • crescita del PIL nel 2023 dello 0,8%, nel 2024 del 1,2%, nel 2025 del 1,4% e nel 2026 del 1%;
  • decrescita del rapporto debito/PIL dal 141,7% nel 2022, al 140,2% nel 2023, al 140,1% nel 2024 fino ad arrivare nel 2026 al 139,6%;
  • tassi di interesse nell’Eurozona al 4%;
  • crescita dei costi di rifinanziamento che passeranno dal 3,7% del PIL (oltre 75 miliardi) nel 2023, al 4,2% nel 2024, al 4,3% nel 2025 e al 4,6% nel 2026, con l’effetto sui rincari che si spalmerà su tutta la vita dei BTP;
  • crescita dello spread di cui abbiamo già parlato sopra.

Gli investimenti in Titoli di Stato Italiani perderebbero di valore?

1) Riduzione del valore dei titoli: I titoli di stato del governo declassato possono vedere una diminuzione del loro valore di mercato. 

Gli investitori potrebbero richiedere un premio più alto (un tasso di interesse più elevato) per acquistare i nuovi titoli di stato emessi dal governo declassato. 

Di conseguenza, i titoli di stato esistenti con tassi di interesse inferiori possono diventare meno attraenti sul mercato secondario, il che può portare a una diminuzione dei loro prezzi.

2) Aumento dei costi di finanziamento: Un governo con una valutazione di credito inferiore potrebbe dover pagare tassi di interesse più elevati sui nuovi titoli di stato emessi. 

Questo può aumentare i costi di finanziamento del debito pubblico, il che potrebbe avere un impatto sul bilancio pubblico e sulle finanze governative nel lungo termine.

3) Rischio di insolvenza: Se il declassamento è significativo e il governo non adotta misure correttive, potrebbe aumentare il rischio di insolvenza, cioè la possibilità che il governo non sia in grado di onorare i suoi obblighi finanziari. 

Questo potrebbe avere gravi conseguenze per gli investitori e per l’intero sistema finanziario.

Cosa succederebbe all’interno dei fondi di investimento per esempio gli ETF? Le obbligazioni italiane verrebbero vendute?

Ora rispondiamo alla domanda più interessante almeno per il sottoscritto.

Cosa succederebbe ai nostri ETF obbligazionari governativi europei o globali che hanno in pancia titoli di stato italiani?

Facciamo un esempio per capire meglio utilizzando l’ETF Vanguard EUR Eurozone Government Bond UCITS con ISIN IE00BH04GL39 e ticker VGEA.

Questo ETF replica l’indice Bloomberg Euro Aggregate Treasury che replica i titoli di stato denominati in Euro emessi da membri dell’Eurozona su tutte le scadenze e con rating investment grade.

Le obbligazioni governative al suo interno devono essere quindi tutte investment grade.

I titoli di stato vengono classificati in base al rating medio tra Moody’s, S&P e Fitch.

Quando è disponibile il rating di 2 agenzie su 3, viene utilizzato il peggiore.

L’indice viene ribilanciato una volta al mese per tenere conto di cambiamenti di rating, riclassificazioni settoriali ecc. Ai fini del calcolo del rendimento dell’indice, il cambiamento viene a modificare la composizione dell’indice solo alla fine del mese.

Se dei componenti dell’indice che sono presenti anche nell’ETF subiscono un downgrade, L’ETF potrà continuare a detenere questi titoli fino a che faranno parte dell’indice (fine mese) per poi essere liquidati nel migliore interesse degli investitori.

Questo è uno dei motivi per utilizzare i fondi a gestione passiva e non a gestione attiva, in quanto la trasparenza di un benchmark di riferimento permette a priori di capire la metodologia di investimento del fondo.

Detto ciò cerchiamo di utilizzare queste informazioni per capire cosa succederebbe se Moody’s declassa l’Italia a speculative grade portandolo in zona Ba1.

I titoli di stato italiani rimarrebbero all’interno del portafoglio perché la media tra le tre agenzie di rating rimarrebbe investment grade in quando S&P e Fitch hanno assegnato all’Italia un rating BBB.

Vanguard non sarebbe costretto a vendere le obbligazioni che ha in pancia il mese successivo ma potrebbe continuare a detenerle in portafoglio.

Come Vanguard anche tutti gli altri emittenti come iShares dovrebbero applicare la stessa politica se i loro ETF replicano sempre lo stesso indice o comunque indici che si comportano allo stesso modo.

Lo stesso per esempio vale per l’indice J.P. Morgan EMU Government Bond Investment Grade.

Questa è sicuramente una nota molto positiva perché una vendita massiccia dei titoli di stato italiani in pancia ai fondi farebbe crollare il loro valore.

S&P e Fitch ci garantiscono ancora due scalini di respiro prima di un declassamento completo anche se abbiamo capito che bastano 2 agenzie su 3 a far crollare realmente il rating di un emittente.

Quale è la probabilità di abbassamento di rating? Possiamo ancora investire in Titoli di Stato italiani?

La probabilità di declassamento di Moody’s è molto bassa visto che le altre due agenzie di rating hanno dato un giudizio nei confronti dell’Italia due scalini sopra, il che vorrebbe dire andare in controtendenza con le sue sorelle.

I dati analizzati dalle agenzie sono pressoché identici quindi valutare così diversamente la solidità del nostro paese risulterebbe alquanto strano.

Ad ogni modo se sui titoli di stato singoli ci sarebbero delle ripercussioni fin da subito, sugli ETF le cose rimarrebbero invariate in quanto le obbligazioni italiane rimarrebbero comunque in portafoglio.

La diversificazione data dall’ETF permetterebbe anche di ammortizzare il contraccolpo negativo dato da un peggioramento del valore dei sottostanti italiani.

Quindi nel breve-medio termine investire in BTP non comporta nessun rischio aggiuntivo rispetto a quelli già presenti ora.

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