Principali effetti negativi (PAI): cosa sono? e perché contano nella consulenza finanziaria indipendente (Principal Adverse Impact)

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Negli ultimi anni, la finanza sostenibile è passata da tendenza a requisito normativo. Non si tratta più soltanto di “scelte etiche”, ma di elementi concreti da integrare nel processo di consulenza, in particolare nella fase di profilazione del cliente e nella costruzione del portafoglio.

In questo contesto si inserisce il concetto di PAI – Principal Adverse Impact, ovvero gli impatti negativi che una decisione di investimento può avere su fattori ambientali, sociali e di governance.

Comprendere cosa sono i PAI e come influiscono sull’attività di consulenza è fondamentale, soprattutto per le SCF e i consulenti finanziari indipendenti, che sono chiamati ad aggiornare le proprie procedure e ad assicurare coerenza tra preferenze del cliente e raccomandazioni fornite.

Cosa sono i principali effetti negativi (PAI – Principal Adverse Impact)?

Con l’introduzione della normativa europea sulla finanza sostenibile (SFDR – Sustainable Finance Disclosure Regulation), è emerso con forza un concetto chiave: i PAI, ovvero Principal Adverse Impacts.

I PAI rappresentano gli effetti negativi principali che un investimento può generare sui fattori ambientali, sociali o di governance (ESG). Non si tratta di una semplice classificazione etica, ma di indicatori oggettivi volti a misurare il potenziale impatto avverso di strumenti, emittenti o interi portafogli.

Esempi concreti di PAI includono:

  • Le emissioni di gas serra prodotte dalle aziende finanziate.
  • L’uso inefficiente delle risorse naturali (acqua, suolo, energia).
  • Le violazioni dei diritti umani nelle catene di fornitura.
  • La presenza di pratiche di governance scorrette o non trasparenti.

Il Regolamento Delegato (UE) 2022/1288 ha definito un set minimo di indicatori obbligatori e facoltativi per valutare questi impatti. È quindi possibile monitorare in modo standardizzato, comparabile e trasparente i danni potenziali derivanti da certe scelte d’investimento.

Perché i PAI contano nella consulenza finanziaria indipendente

Per una SCF, integrare i PAI non è solo una scelta di trasparenza, ma un passaggio coerente con la logica fee-only e priva di conflitti di interesse.

Chi offre consulenza indipendente ha il compito di:

  • comprendere le preferenze di sostenibilità del cliente,
  • selezionare strumenti adeguati e allineati con tali preferenze,
  • tenere conto, quando rilevante, degli impatti negativi che un portafoglio può generare.

Anche se non esiste oggi un obbligo normativo diretto di integrare i PAI nelle raccomandazioni di investimento, se il cliente esprime una preferenza esplicita in tal senso, il consulente ha il dovere di considerare tali impatti e documentare l’analisi svolta.

Includere i PAI nella valutazione degli strumenti significa:

  • andare oltre la semplice etichetta ESG o l’articolo 8/9 SFDR,
  • selezionare strumenti con una reale attenzione agli impatti ambientali e sociali negativi,
  • rafforzare la credibilità e il valore della consulenza ricevuta dal cliente.

In sintesi, i PAI non sono solo un adempimento normativo. Rappresentano un’opportunità per offrire una consulenza più completa, consapevole e in linea con le aspettative di una clientela sempre più attenta alla sostenibilità.

Obblighi per il consulente e la SCF in materia di PAI

Nel contesto della finanza sostenibile, anche i consulenti finanziari autonomi e le SCF sono chiamati ad allinearsi progressivamente alle normative europee e alle indicazioni dell’OCF e della Consob.

In particolare, gli obblighi si articolano su tre livelli:

1. Rilevazione delle preferenze ESG del cliente

Dal 2 agosto 2022, a seguito dell’aggiornamento del Regolamento Delegato MiFID II, è obbligatorio raccogliere le preferenze di sostenibilità del cliente durante la profilazione. Questo include:

  • la volontà o meno di considerare investimenti sostenibili;
  • la soglia percentuale desiderata su investimenti sostenibili o ecosostenibili;
  • l’eventuale interesse a considerare gli impatti negativi (PAI).

Se il cliente dichiara che i PAI sono rilevanti per lui, il consulente deve tenerne conto nella selezione degli strumenti.

2. Adeguamento delle procedure interne

Le SCF devono aggiornare:

  • le policy interne in materia ESG,
  • i moduli di profilazione MIFID,
  • e la documentazione contrattuale, per recepire correttamente il riferimento a PAI, investimenti sostenibili ed ecosostenibili.

L’OCF ha espressamente richiesto che le SCF si adeguino al Regolamento Intermediari (Delibera Consob 22430/2022) e agli Orientamenti ESMA sulla valutazione di adeguatezza (in vigore dal 3 ottobre 2023).

3. Documentazione e coerenza tra raccomandazione e preferenze

Nel caso in cui un cliente abbia espresso una preferenza ESG – ad esempio richiedendo il rispetto di determinati PAI – è necessario dimostrare coerenza tra:

  • quanto dichiarato nel questionario,
  • quanto effettivamente raccomandato nel portafoglio.

La SCF deve quindi essere in grado di giustificare e documentare le scelte compiute, anche ex post.

Conclusione

Pur non essendo ancora previsto un obbligo normativo “duro” di considerare i PAI in tutte le raccomandazioni, la loro rilevanza aumenta fortemente quando il cliente li indica tra le sue preferenze. In tal caso, il consulente indipendente non può ignorarli.

Per una SCF, adeguarsi significa:

  • dimostrare un posizionamento maturo e consapevole nel contesto ESG.
  • rafforzare la trasparenza e la compliance,
  • tutelare il cliente e sé stessa da rischi reputazionali o di vigilanza,

Riferimenti normativi utili

Per approfondire i riferimenti normativi citati nell’articolo:

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