Hai mai sentito parlare di fattori ESG?
Ma cosa sono?
Ha senso investirci o è tutta fuffa?
Bene oggi cerco di rispondere alle domande più frequenti e voglio lasciarti la mia considerazione finale alla domanda: i fattori ESG sono investimenti sostenibili o greenwashing?
Indice dei contenuti
Cosa sono i fattori ESG
L’acronimo ESG sta per Environment, Social e Governance (ambiente, sociale e governance), un concetto ormai affermatosi nel settore finanziario come base per indicare tutte quelle attività legate all’investimento responsabile(IR) che perseguono gli obiettivi tipici della gestione finanziaria tenendo in considerazione aspetti di natura ambientale, sociale e di governance societaria.
Detta così tutti noi vorremmo avere in portafoglio aziende virtuose che rispettano l’ambiente, i dipendenti, i clienti ecc
Perché sono nati? Cenni storici
Dal dopo guerra in poi abbiamo visto il susseguirsi di crisi finanziarie, politiche e climatiche che hanno spinto la comunità (anche finanziaria) a cercare soluzioni che garantissero un miglior equilibrio tra impatto su persone e ambientale e il rendimento finanziario.
Negli anni ’90 questo tipo di investimenti veniva definito “finanza etica“.
Vengono esclusi ovviamente settori come alcol, tabacco o armi, pornografia o settori controversi (es. nucleare, gioco d’azzardo).
Dagli anni 2000, l’approccio buonista è cambiato ed è stato sostituito con una visione legata a fattori extra-finanziari tenendo sempre conto del rendimento.
Questo fattore ha generato una revisione dei processi produttivi e finanziari delle società quotate e dei prodotti d’investimento, da cui scaturiscono dei problemi:
1) etica e valori sono diversi per ambiente culturale e geografico, quindi ciò che va bene in un Paese può non andar bene in un altro;
2) gli emittenti di fondi ed ETF usavano l’etichetta “etica” per vendere il più possibile (anche ciò che non era etico);
3) l’avidità degli investitori: infatti non amano rinunciare alla possibilità di guadagnare di più.
Quindi, investire nella finanza sostenibile è davvero sicuro e redditizio? Vediamo di cosa si tratta.
Il boom esg negli investimenti
A partire dal 2020 c’è stato una crescita di interesse nei confronti dei fondi ESG da parte di quasi tutte le società di gestione che hanno sempre bisogno di nuovi argomenti di vendita, anche se l’adozione del trend da parte degli investitori non è ancora proporzionale
Rating ESG
Arriviamo ora alla parte più “scottante”:
L’acronimo ESG indica una serie di pratiche e comportamenti richiesti alle società quotate e, più in generale, a chi opera nel settore della finanza sostenibile.
Per attenzione all’ambiente si pretende per esempio un’accorta gestione dei rifiuti e la riduzione di inquinamento ed emissioni.
Attenzione all’aspetto sociale significa invece rispetto delle persone, sostegno allo sviluppo sociale della comunità in cui si opera e la riduzione degli impatti negativi su di essa.
Governance, infine, indica la gestione interna dell’azienda. Che deve avvenire evitando discriminazioni, pensando al benessere e alla privacy dei dipendenti, evitando disequilibri nelle remunerazioni e influendo su clienti e fornitori affinché anch’essi adottino strategie ESG.
Si tratta di una filosofia che deve essere resa concreta attraverso piani strategici di riconversione di lunga durata.
Un processo che può essere difficile e costoso, soprattutto per aziende che affrontano periodi di crisi.
Come dare una classificazione a questi fattori?
Semplice, si risolve tutto con un bel Rating o scoring ESG (che a volte è molto discutibile).
Chi decide cosa sono gli investimenti ESG? cosa è “green” o “sostenibile” e cosa invece non rientra in questi parametri?
Qui infatti si insidia un’ulteriore domanda a cui dare risposta: la finanza sostenibile cos’è?
Esistono parametri oggettivi per classificare tutti questi processi?
In realtà, la definizione stessa di sostenibilità resta vaga, complessa e legata (almeno parzialmente) a criteri soggettivi.
Provare che una società quotata segue al meglio delle sue possibilità i criteri ESG è difficile.
Per avere dei dati oggettivi bisogna infatti affidarsi a società esterne di certificazione, all’analisi dei bilanci, allo studio dei processi produttivi, al rapporto reale con dipendenti, fornitori, clienti ed enti pubblici e così via.
Capire inoltre, come vengono smaltite le scorie, quali materiali vengono usati nella produzione e quale sia la loro origine.
Controlli di questo tipo possono essere invasivi oppure basarsi su documenti ufficiali o autodichiarazioni.
Difficile capire chi lo è da chi invece non lo è del tutto.
Il vero rischio per gli investitori, insomma, è quello di non riuscire a capire gli investimenti ESG cosa sono davvero.
Fondi sostenibili e greenwashing
Il tentativo di aggirare i costi nominato prima, il grande impegno e sforzo per una profonda trasformazione dei processi aziendali hanno spinto molte società quotate, e finanziarie, a trasformare i “marchi” di sostenibilità e ESG in pure etichette di marketing.
Si tratta del cosiddetto “greenwashing” (più o meno “lavaggio verde”) o anche ecologismo di facciata o ambientalismo di facciata.
Questo termine indica la strategia di comunicazione di certe imprese, organizzazioni o istituzioni politiche finalizzata a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale.
Tutto ciò allo scopo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli effetti negativi per l’ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti, che venne instaurata già dagli anni settanta
In un contesto di asimmetrie informative e di possibili spinte competitive, può accentuarsi il rischio di condotte degli intermediari non allineate alla cura dell’interesse del cliente (c.d. green washing)
A frenare questa tendenza ci ha quindi provato l’Unione Europea.
Le nuove regole UE sulla finanza sostenibile
L’SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation), cioè il Regolamento sull’Informativa della Finanza Sostenibile.
Entrato in vigore il 10 marzo 2021, è stato emanato dal Parlamento Europeo per definire una volta per tutte cosa deve essere considerato ESG e come comunicarlo correttamente agli utenti.
Per avere un’idea più chiara vediamo i fondi sostenibili cosa sono con le nuove regole UE.
Il punto principale dell’SFDR è che i fondi d’investimento sostenibili devono essere suddivisi in tre categorie:
- neutri rispetto all’ESG e quindi non classificabili come tali (articolo 6 dell’SFDR),
- che promuovono almeno uno dei tre pilastri ESG (articolo 8)
- che per i quali l’investimento sostenibile è l’obiettivo specifico del fondo (articolo 9).
Tariq Fancy, già Chief Investment Officer globale di BlackRock tra il 2018 e il 2019, una volta uscito dalla società ha fatto una dichiarazione choc al riguardo.
Ha infatti dichiarato che “i cosiddetti investimenti ESG (ambientali, sociali e di governance) consentono semplicemente ai gestori di fondi di addebitare commissioni più elevate.
Per prodotti di investimento che hanno scarse prove di un impatto nel mondo reale che non si sarebbe altrimenti verificato”.
Secondo Fancy “gli investimenti sostenibili si riducono spesso più a campagne pubblicitarie, iniziative di PR e promesse false. In molti casi in tutto il settore, i fondi comuni di investimento esistenti sono cinicamente rinominati come ‘green’, per motivi di apparenza e scopi di marketing.
E in altri casi, i prodotti ESG contengono società irresponsabili come le major petrolifere e altri grandi inquinatori per aumentare la performance del fondo”.
Fuffa marketing?
In alcuni casi si, ma non è così per tutti i casi.
Considera che le masse di risparmio gestito verso gli investimenti sostenibili sono aumentate drasticamente negli ultimi 5 anni passando da 40 miliardi di dollari a più di 400 miliardi di dollari in ETF ESG a metà 2022.
Più di un terzo dei quali (circa 150 miliardi di dollari) raccolto solo nel 2021, grazie al lancio di nuovi prodotti, all’abbassamento dei costi di commissione e di una regolamentazione più efficace.
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