I paesi BRIC nascono dall’idea rivoluzionaria di un uomo visionario che aveva capito già 20 anni fa che il mondo stava cambiando.
La loro storia è così affascinante che potrebbe diventare la sceneggiatura di un film, quelli per l’appunto che prendono ispirazione da fatti realmente accaduti.
Pensare che negli anni 2000 gli Stati Uniti o l’Europa potessero essere sostituiti da altri paesi era veramente un utopia.
Oggi però con i numeri che abbiamo posso confermare che questa persona ci aveva visto lungo, lunghissimo.
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Come sono nati i paesi BRIC?
L’acronimo BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) è stato coniato nel 2001 da Jim O’Neill, allora Head of Global Economic Research di Goldman Sachs, nel report denominato “Building Better Global Economic BRICs“.
Nel 2001 queste 4 economie emergenti detenevano solo l’8% del PIL mondiale e il 23% del PIL PPA (parità di potere d’acquisto) rispetto al 70% del PIL del G7 e del 49,50% del PIL PPA.
La sola Cina già all’epoca aveva un PIL superiore a quello dell’Italia, membro del G7.
Pochi anni dopo nuovi studi furono condotti visto il grande interesse riscosso dal primo report sui paesi BRIC.
Nel 2003 altri colleghi di Goldman Sachs pubblicarono degli approfondimenti a riguardo scrivendo che entro il 2035 la Cina avrebbe potuto superare gli Stati Uniti come prima potenza economica mondiale e che entro il 2039 il PIL delle economie BRIC potrebbe superare quello dei paesi del G7.
Questi studi furono troppo pessimistici se si considera che il PIL PPA dei paesi BRIC ha superato i paesi del G7 nel 2021 secondo la World Bank:
- BRIC: 45.470 miliardi di dollari (31% del totale)
- G7: 44.680 miliardi di dollari (30,50% del totale)
Le ricerche non si fermarono e continuarono espandendo il loro campo di interesse ad altri paesi che in futuro avrebbero potuto diventare a loro volta membri del BRIC.
Nel 2005 Jim O’Neill con altri membri di Goldman Sachs provarono a stabilire quali sarebbero stati i prossimi paesi in via di sviluppo a seguire le orme del BRIC, i cosiddetti Next 11:
Bangladesh, Egitto, Indonesia, Iran, Corea del Sud, Messico, Nigeria, Pakistan, Filippine, Turchia e Vietnam (a mio avviso gli sfuggirono Sud Africa e Taiwan).
Già nel 2011 8 paesi secondo lui non facevano più parte della categoria dei mercati emergenti ma dovevano essere definiti mercati in crescita:
Brasile, Russia, India, Cina con l’aggiunta di Indonesia, Corea del Sud, Messico e Turchia.
L’acronimo BRIC divenne realtà nel settembre 2006 quando ci fu il primo incontro informale tra i 4 paesi.
L’incontro fu promosso dal ministro degli esteri russo Lavrov che si unì con i ministri degli esteri degli altri paesi a New York, a margine dell’Assemblea generale dell’ONU.
Successivamente i ministri degli esteri dei paesi BRICS, a parte la riunione tenuta nel 2009 in Russia, si incontrano periodicamente a margine dell’Assemblea generale dell’ONU.
Perchè furono scelti Brasile, Russia, India e Cina?
Jim O’Neill fece ricadere la scelta su Brasile, Russia, India e Cina soprattutto per due fattori: la demografia e il Prodotto Interno Lordo.
Il primo fattore, la demografia, tiene conto del numero di abitati che sono presenti in un paese e di conseguenza la forza lavoro di cui dispone.
Nel 2001 la popolazione dei paesi BRIC era pari a 2,58 miliardi di persone.
Nel 2021, 20 anni dopo, la loro popolazione è aumentata a 3,22 miliardi di persone, mantenendo sempre la stessa percentuale pari a più del 40% della popolazione mondiale.
Più persone significa anche più produzione e più consumi quindi un’economia più grande che viene tradotta in un PIL più alto.
Non a casa la Cina e l’India sono il primo e secondo paese per numero di abitanti e la prima e terza economia al mondo per PIL PPA:
- Cina: 1,412 miliardi di persone e 27,31 trilioni di dollari di PIL PPA
- India: 1,393 miliardi di persone e 10,21 trilioni di dollari di PIL PPA
Il secondo fattore, la produttività, tiene conto di una serie di input come il tempo o le materie prime, più un gruppo di lavoratori riesce a produrre e più rapidamente crescerà la loro economia.
I lavoratori dei paesi emergenti hanno tutto il potenziale di eguagliare le economie sviluppate che hanno già lavoratori altamente produttivi per una serie di ragioni come la tecnologia, le infrastrutture e la sanità.
Nel documento pubblicato nel 2003 dal nome “Dreaming with Bric’s“, la crescita del PIL era articolata in 3 componenti:
- crescita dell’occupazione, che dipende soprattutto dalla crescita della popolazione in età lavorativa;
- crescita del capitale aziendale, totale dei capitali disponibili per gli investimenti;
- progresso tecnico, un’unità di misura della produttività.
Un quarto aspetto da tenere in considerazione è la valuta rivalutata in termini reali (adeguati all’inflazione).
Secondo questi criteri il ruolo centrale svolto da paesi emergenti proverrà soprattutto da due dei paesi Cina e India per l’appunto.
Senza entrare nel merito delle singole realtà, che verranno trattate singolarmente con articoli dedicati, cerchiamo di capire il ruolo fondamentale del continente di queste potenze, l’Asia.
BRIC uguale Asia
Oltre 2/3 della popolazione mondiale vive in Asia.
Cina e India raggiungo 2,8 miliardi di persone da sole arrivando al 36% del totale.
Se si aggiungono Indonesia, Pakistan, Nigeria e Bangladesh (presenti nella top 10) e anche il Giappone (11esimo) si arriva ad un altro milione di abitanti.
Con 3,8 miliardi di persone si raggiunge il 50% del totale rappresentato da circa 7,75 miliardi di persone.
Molti studiosi più di 10 anni fa avevano teorizzata che l’Asia necessitava di una moneta unica e proprio ai giorni odierni sembra che quest’idea possa diventare realtà.
Un prototipo di moneta fu proposto dall’Asian Development Bank con il nome “ACU” (Asian Currency Unit).
L’idea in origine prese come modello l’Euro e la struttura dell’Unione Monetaria Europea (EMU).
Il paniere di valute doveva essere formato dalle valute nazionali di Cina, Giappone, Corea del Sud e dai 10 paesi dell’ASEAN (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico).
Il futuro di questa moneta, che ha come obiettivo di promuovere un maggiore libero scambio e flussi finanziari tra i paesi asiatici allentando la dipendenza della regione dal dollaro USA, è però legato ai renminbi.
Il futuro economico della Cina e la convertibilità della sua moneta è fondamentale per promuovere la moneta unica.
Lo yuan dovrebbe limitare al massimo le restrizioni all’uso individuale e aziendale, eliminando quindi le barriere di transazione.
Questa nuova moneta, che potrebbe nascere anche come CBDC (Centrak Bank Digital Currency) potrebbe non concretizzarsi come si pensava in passato.
Potrebbe infatti non limitarsi ai paesi asiatici ma espandersi a livello globale tra quei paesi “orientali” che non vogliono più essere dipendenti dall’occidente, soprattutto per il commercio delle materie prime.
Si ritorna quindi ai paesi BRIC e ad alcuni paesi legati all’acronimo Next-11 a cui se ne va ad aggiungere uno che dobbiamo ancora trattare.
All’appello infatti manca ancora un paese che è entrato di diritto nel BRIC, parlo del Sudafrica.
Dopo il suo ingresso l’acronimo è mutato per sempre in BRICS.
S come Africa
Dopo la pubblicazione degli scritti e le prime riunioni da parte del BRIC, era sorto il problema se inserire nell’acronimo la lettera S (Sudafrica) o la lettera A (Africa).
Nel 2011 si è deciso di far subentrare la S quando il paese è stato inviato al terzo meeting annuale dei capi di stato dei paesi BRIC a Pechino.
La decisione di inserire Il Sudafrica in questa istituzione è stata presa soprattutto per due motivi.
Il primo motivo era di dover inserire un paese che avesse rappresentato l’Africa, l’unico continente ad essere ancora escluso dal gruppo.
Il secondo motivo era di carattere puramente economico-commerciale. Infatti il Sudafrica è ricco di materie prime e la Cina non voleva perdere questa occasione di creare un ottimo legame con lei.
Il maggior importatore ed esportatore del Sudafrica ai giorni nostri è appunto la Cina.
Sudafrica che ha livello commerciale scambia principalmente commodities o derivati di essa.
Un terzo motivo potrebbe infine essere dato dal fatto che era impossibile dialogare con l’Africa se si fosse preso l’intero continente, molto più comodo infatti delegare l’onere e gli onori ad un singolo paese.
Ormai il Sudafrica fa parte dei BRICS ed è impossibile che venga scalzato.
Ci sarebbero però dei candidati più idonei in termini di popolazione e PIL a far parte del gruppo, parlo di Nigeria ed Egitto.
La forza economica che non si può calcolare
I numeri sono senza dubbio molto importanti quando si parla di definire la forza economica di un paese ma non è tutto.
L’influenza di un paese agli occhi del mondo infatti è valutata anche in altri termini soprattutto mediatici come può essere lo sport.
Ho selezionato come esempio le sedi degli ultimi mondiali di calcio e delle olimpiadi che fino al decennio scorso erano giocati esclusivamente in America ed Europa.
I mondiali di calcio si sono tenuti:
- nel 2010 in Sudafrica
- nel 2014 a Rio in Brasile
- nel 2018 in Russia
- nel 2022 in Qatar
Le olimpiadi si sono tenute:
- nel 2008 a Pechino in Cina
- nel 2014 a Sochi in Russia (invernali)
- nel 2016 a Rio in Brasile
- nel 2018 a Pyeongchang in Corea del Sud (invernali)
- nel 2022 a Pechino in Cina (invernali)
Se lo sport può non sembrarti un fattore valido per valutare il cambiamento e la crescita di nuovi paesi ho valutato anche lo spostamento di ricchezza dei singoli individui.
I dati sono presi dalla classifica stilata da Forbes sulle persone più ricche del mondo.
Nel 2011 i BRIC ospitavano 301 dei 1210 miliardari del mondo (25%), uno in più dell’Europa con la sola Cina che ne aveva già 115.
Ad oggi nel 2022 i BRIC contano 917 dei 1953 miliardi nel mondo (47%) considerando i primi 10 paesi più “ricchi”. La Cina è salita a ben 539 persone escludendo Hong Kong.
L’Europa ha solo 186 miliardari, -38% rispetto al passato.
Paesi BRIC e finanza: come investire
Ad oggi risulta abbastanza difficile investire nei paesi BRICS per un semplice motivo: hanno sospeso il mercato finanziario della Russia.
In altre parole si andrebbe ad investire nel BIC, non essendoci presente neanche il Sudafrica.
Infatti l’indice di riferimento è il FTSE BRIC 5, indice estremamente sbilanciato visto che investe per l’85% in Cina e solo un 15% tra Brasile e India.
Tralasciando la pura finanza, ciò che c’è da apprendere dagli studi di O’Neill è il fatto che il mondo sta cambiando e l’occidente non avrà più la forza del passato.
Lo stesso Ray Dalio afferma nel suo ultimo libro “Il nuovo ordine mondiale” che i paesi del G7 (solo stati occidentali) non sono più adeguati a comandare o almeno non da soli.
L’istituzione del G20 nel 2014 è stata l’ammissione di un cambiamento che è destinato solo a crescere.