Le obbligazioni rappresentano rapporti di credito in cui un emittente-debitore raccoglie capitale da un investitore-creditore.
Questo implica che gli investitori sono esposti al rischio di credito, che consiste nel timore di non ricevere il capitale e/o gli interessi come stabilito nel contratto.
Le ragioni dietro l’incapacità di un emittente di adempiere ai propri obblighi (noto come default) possono variare e spesso sono legate agli equilibri finanziari, patrimoniali ed economici dell’emittente.
Per valutare il rischio di credito associato a un emittente o a una specifica emissione obbligazionaria, si fa uso del rating.
Questo è un indicatore sintetico, espresso su una scala alfa-numerica, che mira a quantificare il rischio di credito.
Il rating viene assegnato da agenzie specializzate, chiamate agenzie di rating, che utilizzano un processo di valutazione basato su una serie di parametri ritenuti rilevanti.
Questo processo consente loro di stimare la probabilità che l’emittente entri in default su un determinato periodo di tempo e di esprimere un giudizio sintetico sotto forma di rating.
Le principali agenzie di rating a livello mondiale includono Standard & Poor’s, Fitch e Moody’s. Qui di seguito è presentata la scala di rating utilizzata da Standard & Poor’s.
I titoli migliori in termini di rischio di credito sono quelli classificati come AAA, spesso chiamati “tripla A”.
Questi titoli presentano una probabilità di default stimata per un periodo di 12 mesi inferiore allo 0,01%.
Quando si scende di rating al di sotto della tripla A, le probabilità di default aumentano, ma l’incremento del rischio non segue sempre la stessa proporzione tra un livello di rating e il successivo.
Per fare un esempio, se un titolo scende da AAA a AA+, ciò comporta un aumento della probabilità di default, ma questo aumento è talmente piccolo da non essere percepito quando si arrotonda alla seconda cifra decimale, rimanendo sempre inferiore allo 0,01%.
D’altra parte, confrontando la probabilità di default di un titolo BBB (0,21%) con quella di un BBB- (0,25%), si nota un incremento di rischio pari allo 0,04%.
I titoli con rating più elevato, noti come “investment grade bond” e che includono tutti i rating superiori a “BBB-“, presentano probabilità di default entro 12 mesi che sono significativamente inferiori all’1%.
Tuttavia, i titoli con rating uguale o inferiore a “BBB-“, noti come “speculative grade bond” o “junk bond” (cioè titoli spazzatura), mostrano probabilità di default crescenti man mano che il rating peggiora.
Per i titoli nelle fasce di rating più basse (CCC, CC-, ecc.), la probabilità di default media stimata da S&P si avvicina al 25% (24,34%), il che significa un rischio di default di circa 1 su 4.
Dato il legame diretto tra il rischio percepito e il rendimento richiesto dagli investitori in titoli obbligazionari, un investitore è disposto a mettere il proprio capitale in titoli con un rating inferiore (quindi più rischiosi) solo se si aspetta un rendimento atteso superiore.
Di conseguenza, il confronto tra due titoli obbligazionari basato sul rendimento può avvenire solo tra titoli appartenenti alla stessa classe di rating.
In tutti gli altri casi, il confronto deve tener conto delle differenze di rischio associate alle diverse classi di rating.
Il rating non è rilevante solo nella fase di selezione degli investimenti (ovvero quando un investitore decide quale titolo acquistare), ma è cruciale anche nella gestione dell’investimento stesso.
Un investitore che ha acquistato un titolo obbligazionario con un rating specifico dovrebbe essere consapevole che un possibile declassamento del rating da parte di un’agenzia di rating comporterebbe un aumento del rischio associato al titolo.
Questo aumento del rischio sarebbe bilanciato dalla diminuzione del prezzo del titolo, il quale diventerebbe più conveniente per compensare l’incremento di rischio e mantenere un rendimento competitivo.
Allo stesso modo, se un’agenzia di rating migliorasse il rating di un emittente (chiamato “upgrading”), il minor rischio attribuito al titolo comporterebbe un aumento del suo prezzo e quindi un rendimento inferiore.
Le agenzie di rating, oltre a fornire valutazioni di rating periodiche per gli emittenti valutati, possono anche indicare le tendenze future del rischio di credito attraverso le previsioni chiamate “outlook”.
Un outlook negativo suggerisce che in futuro potrebbe verificarsi un declassamento del rating, aumentando il rischio di credito del titolo.
Al contrario, un outlook positivo suggerisce prospettive di miglioramento del rischio di credito, il che potrebbe portare a un upgrading.
Un outlook stabile indica che si prevede che il rating rimarrà invariato.
Tuttavia, un outlook negativo, anche in assenza di un declassamento effettivo, può influenzare il prezzo del titolo in quanto gli operatori di mercato potrebbero interpretarlo come un segnale di futuri downgrading, spingendoli a vendere il titolo e quindi a farne diminuire il valore.